domenica 30 novembre 2014

Cosa sono I Certificati Verdi


Cosa sono
Certificati Verdi sono titoli negoziabili, rilasciati dal GSE in misura proporzionale all’energia prodotta da un impianto qualificato IAFR (impianto alimentato da fonti rinnovabili), entrato in esercizio entro il 31 dicembre 2012 ai sensi di quanto previsto dal D. lgs. 28/2011, in numero variabile a seconda del tipo di fonte rinnovabile e di intervento impiantistico realizzato (nuova costruzione, riattivazione, potenziamento e rifacimento).
Il meccanismo di incentivazione con i Certificati Verdi si basa sull’obbligo, posto dalla normativa a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere annualmente nel sistema elettrico nazionale una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili. 
Il possesso dei Certificati Verdi dimostra l’adempimento di questo obbligo: ogni Certificato Verdeattesta convenzionalmente la produzione di 1 MWh di energia rinnovabile. I Certificati Verdi hanno validità triennale: quelli rilasciati per la produzione di energia  elettrica in un dato anno (anno di riferimento dei CV) possono essere usati per  ottemperare all'obbligo anche nei successivi due anni.
L’obbligo può essere rispettato in due modi: immettendo in rete energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili oppure acquistando i Certificati Verdi dai produttori di energia “verde”.

fonte:
http://www.gse.it/it/Qualifiche%20e%20certificati/Certificati%20Verdi/Pages/default.aspx

agam 11/2014

Certificato verde

Certificato verde

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Un certificato verde è una forma di incentivazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta in pratica di titoli negoziabili, il cui utilizzo è diffuso in molti stati come ad esempio nei Paesi BassiSveziaUK e alcuni stati USA.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di certificati che corrispondono ad una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petroliogas naturalecarbone ecc.) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili, ma non lo fanno o non possono farlo autonomamente.
In Italia i certificati verdi sono emessi dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) su richiesta dei produttori di energia da fonti rinnovabili.
I Certificati Verdi sono introdotti dal decreto di liberalizzazione del settore elettrico noto come Decreto Bersani. Il decreto di attuazione della direttiva 96/92/CE [1]stabilisce che i produttori possano richiedere i certificati verdi per 8 anni (per impianti entrati in servizio o revisionati dopo l'aprile del 1999) e per 15 anni per impianti successivi al 31/12/2007 (norma in finanziaria 2008). I certificati verdi permettono alle imprese che producono energia da fonti convenzionali (petroliocarbone,metano, eccetera) di rispettare la legge che obbliga ogni produttore o importatore di energia a usare fonti rinnovabili per il 2%.
L'impresa produttrice di energia acquista, presso la borsa gestita da GME, i certificati verdi che le occorrono per raggiungere la soglia del 2% della propria produzione. La quota del 2% si incrementa ogni anno, dal 2004, di 0,35% punti percentuali. I certificati verdi possono essere accumulati e venduti successivamente, ad esempio quando il valore sia cresciuto a seguito della domanda di mercato. Nel 2005 il valore è stato fissato dal mercato a 108,92 €/MWh al netto dell'IVA per 86.136 certificati verdi emessi per complessivi 4.308 GWh. Al 2006 con gli impianti certificati come fonti rinnovabili producevano 3.212 GWh di energia idroelettrica(35%), 2.440 GWh eolica (27%), 1.297 GWh con biomasse (14%), 943 GWh geotermica (10%), 745 GWh biogas (8%), 521 GWh con i rifiuti (6%) e 2,7 GWh solare[2].
Il prezzo dei certificati verdi è stato pari a circa 125 €/MWh nel 2006, valore a cui va aggiunto il prezzo di cessione dell'energia elettrica sul mercato (oltre 70 €/MWh), per un totale di circa 200 €/MWh. Dal 2009 il prezzo del certificato sommato a quello dell'energia elettrica ceduta sul mercato sarà al massimo 180 €/MWh.
Il risultato di questa politica è la creazione di un mercato in cui alcuni possono vendere l'energia con maggiori margini di profitto rispetto ad altri, in modo da incentivare, almeno in teoria, modi di produzione dell'energia che dovrebbero contribuire a ridurre la quantità di gas-serra (anidride carbonica ed altri).
In altri termini lo scopo è di utilizzare i meccanismi del libero mercato per incentivare determinati processi produttivi dell’energia, evitando un intervento diretto delloStato, ma si manifestarono alcune distorsioni, vanificando in parte lo scopo primario di riduzione dei gas serra. Infatti a causa della normativa italiana che concedeva questi sussidi anche alle fonti cosiddette assimilate alle rinnovabili (definizione tutta italiana e senza riscontri in Europa) una gran parte dei fondi sono stati destinati in modo controverso anche ad attività quali la combustione di scorie di raffineria, sanse ed all'incenerimento dei rifiuti.
Poiché tale incentivazione durerà ancora molti anni, attualmente ci si trova nella situazione paradossale in cui ad esempio scarti di raffineria, per il cui smaltimento in tutto il mondo i produttori erano costretti ad accollarsi dei costi, in Italia vengono bruciati ricevendo anche dei finanziamenti. Successivamente un secondo decreto Bersani ha corretto (per il futuro) questo errore eliminando le "assimilate" e mantenendo unicamente il termine "rinnovabili".[3]
L'incentivazione, se diventa eccessiva – ad esempio perché nel frattempo il costo della tecnologia cala molto – può provocare altre distorsioni, ad esempio nel caso dell'eolico. Nel caso dell'energia eolica, garantire dei margini di profitto più alti comporta direttamente l'ampliamento delle aree del territorio nazionale dove è conveniente installare un impianto eolico; l'incentivazione deve quindi essere calibrata sulla base del territorio che si vuole assegnare a questo settore, della produzione che si vuole raggiungere, dei costi che si vogliono sostenere, per evitare conseguenze indesiderabili, a partire dalla degradazione di territori o paesaggi di grande valore (molto diffusi in Italia), a danno del settore culturale e turistico, fino a vere e proprie forme di speculazione[4].
D'altro canto, il meccanismo dei certificati verdi può non essere sufficiente per incentivare fonti rinnovabili meno mature industrialmente, come il solare fotovoltaico esolare termodinamico ed è perciò solo uno dei metodi da considerare per una politica di incentivazione equilibrata.
Se una caduta dei prezzi del petrolio non poteva escludersi, come isolatamente sostenevano nel 2012 Paul Stevens e Alphavalue1, non poteva certo immaginarsi che potesse avvenire in concomitanza con un groviglio di tensioni geopolitiche (Russia-Ucraina, Israele-Hamas, Iran, Irak, Libia, Siria, Sudan, Yemen) prima mai osservato, che aveva ridotto l’offerta sino a 3,5 mil.bbl/g. 



fonte: http://www.mercatoelettrico.org/Newsletter/20141114Newsletter.pdf

agam 11/2014

DETTAGLIO PRODUZIONE E RD DEI RIFIUTI URBANI


DETTAGLIO PRODUZIONE E RD DEI RIFIUTI URBANI


sabato 29 novembre 2014

www.energia.sicilia.it


http://www.energia.sicilia.it 


ENERGIA: Sistemi di Auto-Produzione (SAP)

I Sistemi di Auto-Produzione (SAP) sono quei sistemi in cui una persona fisica o giuridica produce energia elettrica e, tramite collegamenti privati, la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell'energia elettrica di cui all'articolo 4, numero 8,
della legge n. 1643/62, degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente al 1 aprile 1999 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 79/99). 

Nell’ambito dei SAP è possibile distinguere le cooperative storiche, i consorzi storici, e gli altri autoproduttori. 

nel dettaglio:

a) le cooperative storiche sono le società cooperative di produzione e distribuzione dell'energia elettrica di cui all'articolo 4, numero 8, della legge 6 dicembre n. 1643/62. 
Esse sono ricomprese nell’ambito dei SAP in relazione all’attività di trasporto e fornitura di energia elettrica per i propri soci. Tale attività non costituisce attività di distribuzione, bensì, ai sensi del decreto legislativo n. 79/99, attività di autoproduzione. Vi sono però molte cooperative che oltre a svolgere tale attività di autoproduzione, svolgono attività di distribuzione in relazione ad utenti terzi non soci. Per quest’ultima attività esse sono titolari di una concessione di distribuzione e in quanto tali sono a tutti gli effetti imprese distributrici concessionarie. 
Le cooperative storiche a loro volta si suddividono, ai sensi del comma 2.1 dell’Allegato A alla deliberazione ARG/elt 113/10 (di seguito: TICOOP) in cooperative storiche concessionarie (sono cooperative dotate di una propria rete con la quale trasportano energia elettrica ai propri clienti soci diretti. A tale rete sono connessi anche clienti finali non soci rispetto ai quali la cooperativa svolge il servizio pubblico di distribuzione in qualità di concessionario), cooperative storiche non concessionarie (sono cooperative dotate di una propria rete con la quale trasportano energia elettrica ai soli propri clienti soci diretti. Tali cooperative non sono titolari di una concessione di distribuzione e pertanto non possono connettere alle proprie reti clienti finali non soci, se non su esplicita richiesta dell’impresa distributrice concessionaria di zona) e cooperative storiche senza rete;

b) i consorzi storici sono i consorzi o le società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente al 1 aprile 1999. Anche in questo caso il trasporto e la fornitura di energia elettrica tramite la rete elettrica consortile del consorzio storico non si configura come attività di distribuzione, bensì come attività di autoproduzione;

c) gli altri autoproduttori (AA) sono le persone fisiche o giuridiche che producono energia elettrica e, tramite collegamenti privati, la utilizzano in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante. In tale contesto, quindi, l’attività di trasporto e fornitura di energia elettrica tramite collegamenti privati e nell’ambito di un gruppo societario non si configura come attività di distribuzione, bensì come attività di autoproduzione.

AGAM novembre 2014

ENERGIA: diverse tipologie di Sistemi Semplici di Produzione e Consumo

ENERGIA: diverse tipologie di Sistemi Semplici di Produzione e Consumo.


Nell’ambito dei Sistemi Semplici di Produzione e Consumo (SSPC),  si possono distinguere diversi sottoinsiemi tra loro, in parte, sovrapposti: 
i Sistemi di AutoProduzione (SAP), 
i Sistemi con Linea Diretta (SLD), 
i Sistemi Efficienti di Utenza (SEU). 

I SSPC sono sistemi non soggetti all’obbligo di connessione di terzi nè all’obbligo di libero accesso al sistema. 

AGAM novembre 2014