venerdì 12 dicembre 2014

Obiettivo riciclaggio dei rifiuti urbani

Obiettivo riciclaggio dei rifiuti urbani

Coerentemente con quanto richiesto dalla decisione della Commissione europea 2011/753/EU, il Ministero dell’Ambiente ha scelto e comunicato alla Commissione stessa il metodo di calcolo da utilizzare per la verifica del raggiungimento dell’obiettivo di riciclaggio dei rifiuti urbani imposto dalla direttiva europea 2008/98/CE.
Infatti l’articolo 11 della direttiva 2008/98/CE, recepito nell’ordinamento nazionale dall’articolo 181 del d.lgs. 152/06, ha stabilito un obiettivo da raggiungere al 2020 per quanto riguarda la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani e assimilati pari al 50%.
Con la decisione 2011/753/EU, la Commissione europea ha indicato quattro diversi metodi per effettuare il calcolo del citato obiettivo ed ha lasciato agli Stati Membri la scelta del metodo da utilizzare. I 4 metodi proposti  dalla Commissione variano a seconda delle tipologie (rifiuti domestici o urbani) e frazioni merceologiche che è possibile includere nel calcolo.
Il metodo scelto dal Ministero è quello indicato dalla Commissione come metodo 2 e le frazioni merceologiche da conteggiare sono esclusivamente le seguenti:
  • carta;
  • cartone;
  • plastica;
  • metalli;
  • vetro;
  • legno;
  • frazione organica.
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IL PREZZO DEL PETROLIO

Perché il prezzo dei barili è crollato del 40 per cento da giugno e quali saranno le conseguenze
Il prezzo del petrolio
Il prezzo del petrolio è sceso di oltre il 40 per cento da giugno, quando era di 115 dollari a barile. Ora è sotto i 70 dollari.
Questo crollo è avvenuto dopo cinque anni di stabilità nei prezzi dell'oro nero. In un vertice a Vienna il 27 novembre, l'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec), che controlla circa il 40 per cento del mercato mondiale, non è riuscita a trovare un accordo per limitarne la produzione, provocando il crollo dei prezzi.
Hanno subito un duro colpo anche Paesi esportatori di petrolio come la Russia (dove il rublo ha subito ribassi record), la Nigeria, l’Iran e il Venezuela. Perché il prezzo del petrolio sta scendendo?
Il prezzo del petrolio è determinato in parte dalla domanda e dall’offerta effettiva, e in parte dalle aspettative. La domanda di energia è strettamente legata all’attività economica. E raggiunge picchi anche durante l’inverno nell’emisfero nord e durante l’estate nei Paesi che usano aria condizionata.
L’offerta può essere influenzata dalle condizioni climatiche (che possono impedire il caricamento delle petroliere) e dagli sconvolgimenti geopolitici. Se i produttori credono che il prezzo resterà alto, investono, contribuendo ad incrementare l’offerta, trascorso un lasso di tempo.
Analogamente, i prezzi bassi portano a un calo degli investimenti. Le decisioni dell’Opec modellano le aspettative: se sceglie di diminuire bruscamente l’offerta, può far schizzare in alto i prezzi. L’Arabia Saudita produce circa 10 milioni di barili al giorno – un terzo del totale della produzione Opec.
Quattro fattori stanno influenzando la diminuzione del prezzo del petrolio.
Prima di tutto, la domanda è bassa a causa della debolezza dell’attività economica, per l’incremento dell’efficienza e per la conversione crescente dal petrolio ad altri combustibili.
In secondo luogo, i disordini in Iraq e Libia – due grandi produttori di petrolio, con circa 4 milioni di barili al giorno in totale – non hanno influito sulla loro produzione. Il mercato è diventato così più ottimista rispetto al rischio geopolitico.
In terzo luogo, gli Stati Uniti sono diventati i maggiori produttori di petrolio al mondo. Sebbene non esportino greggio, ora importano molto meno, lasciando offerta in eccesso.
Infine, i sauditi e i loro alleati del Golfo hanno deciso di non sacrificare la propria quota di mercato per ristabilire il livello dei prezzi. Loro potrebbero diminuire bruscamente la produzione, ma i maggiori benefici sarebbero per Paesi che detestano, come Iran e Russia.
D'altronde l’Arabia Saudita può sopportare facilmente un livello dei prezzi più basso. Ha riserve per 900 miliardi di dollari e sostiene costi molto bassi per estrarre il petrolio (circa 5-6 dollari a barile).
Gli effetti ricadono principalmente sulle attività più a rischio e vulnerabili del settore petrolifero. Queste includono il fracking (tecnica estrattiva della fatturazione idraulica ndr) cui ricorrono i produttori americani che si sono indebitati molto prevedendo livelli alti per i prezzi. Includono anche i progetti ad alto costo delle aziende petrolifere occidentali, come le trivellazione in profondità o nell’Artico, o investimenti in aree molto sfruttate e sempre più costose come i giacimenti nel Mare del Nord.
Ma le conseguenze peggiori spettano ai Paesi dove i regimi si basano sull’alto prezzo del petrolio per pagare costose avventure all’estero e dispendiosi programmi sociali. Tra questi la Russia (che è già incorsa nelle sanzioni da parte dei Paesi occidentali per l’intromissione in Ucraina) e l’Iran (che sta pagando per tenere a galla il regime di Assad in Siria).
Gli ottimisti pensano che i problemi economici potrebbero rendere questi Paesi più propensi a cedere alle pressioni internazionali. I pessimisti temono che una volta messi all’angolo, siano spinti per disperazione a contrattaccare.
L'articolo, in lingua originale è stato pubblicato da The Economist
fonte:
http://www.thepostinternazionale.it/mondo/africa-e-medio-oriente/il-prezzo-del-petrolio